«L’idea di scrivere questo libro mi balenò in testa, in modo del tutto embrionale, nell’estate del 2007, dopo avere visitato il Creation Museum che era stato appena inaugurato a Petersburg, in Kentucky. A quei tempi abitavo a New York, ero il corrispondente del settimanale L’Espresso dagli Stati Uniti e da mesi cercavo uno spunto per occuparmi della crescita del movimento evangelico. Un paio d’anni prima ero andato a Lynchburg, in Virginia, per partecipare a una cerimonia nella Thomas Road Baptist Church, l’immensa chiesa ottagonale di Jerry Falwell, uno dei fondatori della Christian Coalition, l’organizzazione che raccoglie i movimenti religiosi più conservatori, nati per difendere i valori morali della tradizione biblica. In quell’occasione ero rimasto stupefatto dal fervore con cui migliaia di persone assistevano alla sua spettacolare esibizione. C’era una questione, in particolare, che mi inquietava: come era possibile che all’inizio del terzo millennio, nel paese tecnologicamente più avanzato del mondo, ci fossero milioni di persone che prendevano alla lettera la Bibbia e rifiutavano le teorie darwiniane sull’evoluzione?».
Inizia così il primo capitolo di Paura della scienza di Enrico Pedemonte. Se la religione mette i bastoni tra le ruote della scienza sin dai tempi di Galileo, però, altri avversari sono sopraggiunti nel corso degli anni. Pedemonte li individua ad uno ad uno (dal pensiero postmoderno, secondo il quale non esiste una verità, ma ognuno ha la sua, agli stessi scienziati, spesso disponibili a condurre le loro ricerche assecondando i desideri delle industrie che le finanziano) in un saggio simile a un giallo, dove una volta individuata la vittima occorre trovare il colpevole. Chi sta uccidendo la scienza?
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